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Durc interno, l'Inps accoglie la richiesta di una proroga
L'Inps accoglie la richiesta dei Consulenti del lavoro per la proroga dei termini per il Durc interno. I preavvisi di esito negativo saranno inviati il 15 Maggio.
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Slitta di un mese il termine che l'Inps aveva stabilito nel messaggio 2889/2014 per l'invio del primo preavviso di Durc interno negativo. L'Inps ha di fatto introdotto una variazione alla tabella di marcia che vedrà l'introduzione della nuova regolamentazione del Durc interno. L'istituto invita le proprie sedi a dare la precedenza alle situazioni relative ai datori di lavoro che si trovano nelle circostanze sopra descritte.
In considerazione delle difficoltà in fase di avvio del sistema, il primo preavviso di Durc interno negativo verrà trasmesso dall'Inps il 15 maggio invece del 15 aprile. Tale primo preavviso sarà inviato esclusivamente alle aziende per le quali risultino delle irregolarità incidenti sul diritto al riconoscimento dei benefici, ovvero per le quali siano state emesse note di rettifica con causale “addebito art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
L'Inps, infine, fa presente che tutte le note di rettifica i cui calcoli sono stati rapportati al 15 maggio, saranno ricalcolate al 15 giugno. Le stesse saranno recapitate alle aziende unitamente alle altre che l'istituto aveva programmato di trasmettere il 15 giugno. L'invio delle rimanenti note di rettifica resta confermato al 15 settembre.
Con la nuova gestione del Durc interno è l'Inps, in qualità di ente tenuto a riconoscere i benefici di legge subordinati alla regolarità contributiva, a richiedere il documento di regolarità contributiva e non più il datore di lavoro attraverso l'Uniemens. Le procedure verificano mensilmente la presenza di eventuali situazioni di irregolarità. Se il controllo dà esito positivo, si accende automaticamente il semaforo verde che vale per il mese in corso e per i tre mesi successivi.
Bonus Irpef, sconto medio di 714 euro l'anno per le famiglie più povere
Secondo l'Istituto di Statistica lo sconto Irpef alle famiglie scende dal 3,4% allo 0,7% del reddito, più questo sale. Considerando anche l'Irap e le misure della vecchia Legge di Stabilità il risparmio fiscale è di 11,3 miliardi.
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La revisione fiscale presentata dal governo nell'ambito del Documento di economia e finanza, che contiene lo sconto Irpef che verrà dettagliato con un provvedimento venerdì prossimo, porterà un guadagno medio annuo di 714 euro per le famiglie più povere.
Lo calcola l'Istat nell'ambito delle audizioni che si stanno svolgendo alla Camera in questa settimana proprio per sentire il parere di esperti e soggetti coinvolti a più livelli dal documento di programmazione economica dello Stato.
Per l'Istituto di statistica lo sconto scende via via fino a 451 euro per le famiglie più ricche. Cioè si passa dal 3,4% del reddito allo 0,7%. Un piano che, secondo l'opinione di Bankitalia, rischia però di non essere sostenibile grazie alla sola spending review del Commissario Carlo Cottarelli, soprattutto per l'anno prossimo.
Il presidente Istat, Antonio Golini, ha spiegato ieri che le misure sul Fisco previste nel Def porteranno a un "beneficio netto annuale sotto forma di minore imposta netta pari a circa 11,3 miliardi di euro".
Golini si riferisce appunto alla "rimodulazione delle detrazioni Irpef sul lavoro dipendente per le fasce più basse di reddito (reddito lordo fino a 25 mila euro) e la riduzione dell'Irap per le imprese" e aggiunge che "nel complesso si stima un beneficio netto effettivo annuale sotto forma di minore imposta netta pari a circa 11,3 miliardi di euro. Di questi - aggiunge - circa 1,8 miliardi di euro sono l'effetto aggregato delle variazioni già approvate con la precedente Legge di stabilità, mentre circa 9,5 miliardi di euro sono riferiti alle nuove misure previste nel Def 2014". Secondo il presidente dell'Istat, sul 2014 "saranno pari a circa 7 miliardi di euro, per effetto dell'introduzione del provvedimento a partire dal mese di maggio".
Calo degli occupati - Durante l'audizione alla Camera, Golini ha presentato anche i dati sul lavoro: un milione di occupati in meno in cinque anni, soprattutto al Sud. "Dal 2008 al 2013 la perdita - ha detto Golini - è stata di quasi un milione di occupati (-984 mila, pari al 4,2%) e le differenze territoriali sul mercato del lavoro si sono ulteriormente accentuate: rispetto al 2008 nel Mezzogiorno gli occupati calano del 9%, contro il 2,4% del Nord". "Nel 2013 il numero di occupati si è ridotto di 478 mila unità (-2,1% rispetto all'anno precedente, ben -4,6% nel Mezzogiorno, pari a -282 mila unita') scendendo a 22 milioni e 420 mila, un calo superiore anche a quello del 2009 (-380 mila unita')", ha aggiunto il presidente dell'Istat.
Tfr, pubblicato il coefficiente per il mese di marzo
A marzo il coefficiente per rivalutare le quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonate al 31 dicembre 2013 è pari a 0,445028. L'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, con esclusione del prezzo dei tabacchi lavorati, è al valore di 107,2.
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L'articolo 2120 del Codice civile stabilisce che alla fine di ogni anno la quota di Tfr accantonata va rivalutata attraverso il coefficiente di rivalutazione del Tfr. Per farlo si parte dall'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati diffuso ogni mese dall'Istat, quello "senza tabacchi lavorati". In particolare, si calcola la differenza in percentuale tra il mese di dicembre dell'anno precedente, e il mese in cui si effettua la rivalutazione. Poi si calcola il 75% della differenza a cui si aggiunge, mensilmente, un tasso fisso di 0,125 (che su base annua è di 1,500). La somma tra il 75% e il tasso fisso è il coefficiente di rivalutazione per il calcolo del Tfr.
L'indice Istat per marzo è 107,2. A partire dai dati di gennaio 2011 la base di riferimento dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati è il 2010.La differenza in percentuale rispetto a dicembre 2013, su cui si calcola il 75%, è 0,093371. Pertanto il 75% è 0,070028. A marzo il tasso fisso è pari a 0,375. Sommando quindi il 75% (0,070028) e il tasso fisso (0,375), si ottiene il coefficiente di rivalutazione 0,445028.
In caso di corresponsione di una anticipazione del Tfr, il tasso di rivalutazione si applica sull'intero importo accantonato fino al periodo di paga in cui l'erogazione viene effettuata.
Quota 96, nessuna soluzione nel Def
Niente da fare per i docenti che chiedono di poter accedere alla pensione con le vecchie regole. Nel Def il governo non ha previsto alcuna copertura per il progetto di legge Ghizzoni/Marzana.
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Il governo non ha indicato nessuna copertura per la proposta Ghizzoni/Marzana in favore dei 4 mila docenti che chiedono di poter accedere alla pensione con le regole antecedenti alla Riforma Fornero. Nel Def presentato nei giorni scorsi e questa settimana all'esame del Parlamento, non sono indicate le coperture su come reperire le risorse necessarie (complessivamente 430 milioni di euro) per consentire l'approvazione della proposta di legge in favore del personale della scuola che si trova nella cosiddetta "quota 96".
Si susseguono le reazioni negative non solo da parte dei firmatari la proposta di legge, ma anche da parte della maggioranza dei componenti le Commissioni Bilancio e Lavoro della camera che avevano impegnato il governo a riferire, prima della presentazione del Def 2014, proprio in merito al reperimento delle risorse necessarie per l'adozione delle urgenti iniziative normative previste dalla proposta di legge.
L'esecutivo di Renzi ha invece soprasseduto sulla questione. «Inseriremo quota 96 nel Def e lo voteremo solo se il problema degli insegnanti coinvolti sarà risolto, ha detto in un tweet Barbara Saltamartini, vicepresidente della Commissione Bilancio alla Camera, Ncd. Ma a questo punto è ormai chiaro che l'ipotesi della deroga sta tramontando.
Dopo lo stop della Ragioneria dello Stato e del MEF delle scorse settimane, Domenico Pantaleo della Cisl scuola denuncia che le speranze sono ridotte al lumicino. "E' ormai chiaro che, andare in pensione a partire dal prossimo 1° settembre, non avrà nessuna possibilità di realizzarsi a meno che la questione non trovi soluzione in una revisione dell'impianto della riforma Fornero".
Esodati, tre le ipotesi sul tavolo di Poletti
Tre progetti per risolvere in maniera strutturale il problema degli esodati. Ma il nodo resta sempre quello delle risorse.
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La bagarre sugli esodati prosegue. Dopo la richiesta di avviare un tavolo di confronto tra Ministero del Lavoro, Economia ed Inps per definire il numero dei potenziali interessati, vediamo di fare il punto sulle ipotesi attualmente in pista per una soluzione strutturale al problema.
La prima sul tavolo è quella di approvare una nuova deroga, la sesta salvaguardia, partendo dalla proposta unificata licenziata dalla Commissione Lavoro della Camera lo scorso mese di marzo. L'ipotesi ha il pregio di non modificare l'impianto della Riforma del 2011 che sta portando molti benefici per le Casse dello stato, ma ha comunque un costo elevato su cui è difficile un'intesa politica.
La proposta unificata inoltre limita i benefici solo in favore di talune categorie di soggetti con precisi vincoli e paletti come è accaduto con le precedenti operazioni di salvaguardia; secondo i sindacati la proposta non ha quel carattere universale che consentirebbe di risolvere in maniera strutturale il problema di tutti coloro che si trovano senza lavoro e senza pensione.
Ad esempio fuori dalla tutela rimarrebbero i cd. "esodandi" cioè coloro che hanno lasciato il posto di lavoro dal 2012 in poi che si troverebbero soggetti alle nuove regole di pensionamento.
Le ipotesi dei pensionamenti flessibili
La seconda ipotesi è quella dello scivolo a 62 anni ed è stata rispolverata nei giorni scorsi da Poletti. E' l'idea di consentire di andare in pensione ai lavoratori bloccati in mezzo al guado dalla riforma Fornero attraverso una modifica alla riforma previdenziale del 2011 con l'introduzione di un requisito anagrafico minimo (pari a 62 anni) ed un minimo di 35 anni di contributi.
Un'ipotesi, contenuta nel progetto di legge 857 presentato da Damiano, che tuttavia prevederebbe delle decurtazioni sull'assegno tanto piu' il lavoratore anticipi l'uscita. "Si tratterebbe però di tornare ai prepensionamenti con oneri miliardari per le casse dell'Inps", ha spiegato Giuliano Cazzola, esperto di previdenza ed ex vicepresidente della Commissione Lavoro che boccia categoricamente la possibilità di procedere in tal senso.
Infine sul tavolo c'è l'opzione targata Giovannini che in realtà è una variante del progetto appena esposto. L'ex ministro del Lavoro stava lavorando al progetto del "prestito pensionistico" che prevederebbe la possibilità di riconoscere con un anticipo di 2 o 3 anni la pensione maturata a lavoratori rimasti senza impiego e senza ammortizzatore sociale con almeno 62 anni di età e 35 di contributi.
Una sorta di "prestito previdenziale" su cui il Governo Letta non riuscì a indicare i dettagli, che verrebbe incontro a persone e a imprese (come quelle di minori dimensioni) che attualmente non possono utilizzare gli strumenti previsti in materia dalla legislazione vigente.
Un'ipotesi strutturale con minori costi per lo stato (dato che il prestito sarebbe poi recuperato sulla pensione con un decurtazione entro il 10%) che inoltre avrebbe il pregio di non modificare le regole pensionistiche attualmente esistenti. Lo strumento sarebbe pertanto una ulteriore possibilità per anticipare la pensione a cui si accederebbe su base volontaria, con il possibile coinvolgimento delle imprese, come già avviene nei casi previsti dalla legge per le aziende di maggiori dimensioni.
Sempre sulle pensioni, Renzi ha prospettato di aumentare nel 2015 gli assegni sotto 1000 euro: un intervento che dovrebbe ricalcare la manovra Irpef in arrivo a maggio. Ma anche in questo caso c'e un problema di costi perche circa il 40% del pensionati (7-8 milioni di persone) ha un assegno basso, sotto i mille euro: servirebbero quindi almeno altri 5 miliardi per il bonus anche a loro.
Altro...
Bonus Irpef, i sindacati chiedono l'estensione dei bonus ai pensionati
E' iniziato il percorso parlamentare del Def, il Documento di economia e finanza che racchiude le previsioni dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi sull'andamento economico dell'Italia e sull'agenda di riforme da realizzare nei prossimi anni.
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Il Documento di economia e finanza ha iniziato questa settimana il suo iter alla Camera dei Deputati. Il lavoro procede a ritmi serrati, anche perché venerdì il Consiglio di ministri dovrà mettere per iscritto come intende modulare gli sgravi Irpef che dovrebbero portare i famosi 80 euro in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 25mila annui. L'Abi, l'associazione degli istituti di credito, apre una polemica sul miliardo di tassazione in più per le quote di Bankitalia: "Sottrae credito alle famiglie e alle imprese". Ma arriva la risposta di Graziano Delrio: "Sono allibito dalle dichiarazioni delle banche: è un ricatto che non accettiamo". "Le banche hanno ricevuto mille miliardi dalla Bce e non hanno" ridistribuito "a famiglie e imprese", ha aggiunto il sottosegretario.
Gli sgravi ai pensionati - Proprio sulla portata degli sgravi Irpef si concentrano alcune obiezioni da parte dei sindacati e anche di esponenti politici. Allo stato attuale, lo sconto Irpef è stato annunciato per i lavoratori dipendenti. Ma il segretario della Uil, Luigi Angeletti, pur riconoscendo che il taglio del cuneo fiscale "va nella direzione giusta", chiede di coinvolgere nella misura "quella parte di pensionati che hanno pensioni medio-basse e che sono stati ancora una volta esclusi" dagli sgravi fiscali. A un'altra platea ha guardato invece Angelino Alfano, che intervenendo in precedenza a Radio24 aveva chiesto di estendere il beneficio alle partite Iva.
Sulla falsariga di Angeletti si è mosso il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni: la misura a favore degli incapienti a cui sta lavorando l'esecutivo è "ineludibile", così come "non è eludibile" da parte del governo "il problema della mancata tutela di milioni pensionati con trattamenti medio bassi". Bonanni paventa anche il rischio che senza una spending review efficace si renda necessaria una "manovra correttiva".
Cassa in deroga - Il Governo è poi pronto per “un altro intervento sulla cassa in deroga”. Lo ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un incontro pubblico nel trevigiano. Poletti ha riconosciuto che la legge di stabilità ha coperto meno che nell'anno precedente, ma ha aggiunto che sono in atto le verifiche dello stato della situazione regione per regione, per trovare i criteri migliori ai fini della redistribuzione delle risorse, “evitando assegnazioni a regioni che non ne hanno esigenza e lasciandone altre in attesa, con i lavoratori che magari aspettano per essere 'pagati' anche 6-7 mesi”. Per Poletti andrebbe comunque evitato il criterio dell'andamento storico nella distribuzione dei fondi.
Tasi 2014, per gli inquilini le regole si sdoppiano
Il Dl 16/2014 consente ai sindaci di aumentare complessivamente, per il 2014, la Tasi e il tetto massimo del prelievo dello 0,8 per mille.
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Con l'approvazione in prima lettura del disegno di legge di conversione del Dl 16/2014 è stato precisato, con riguardo alla TASI, che, nei Comuni che non riusciranno a fissare le aliquote entro il 23 maggio e a pubblicare le delibere entro il 31 maggio sul portale del federalismo fiscale, l'intero pagamento per l'abitazione principale è rinviato al 16 dicembre. Per gli altri immobili, invece, quando il Comune "non abbia deliberato entro il 31 maggio", si dovrà versare entro il 16 giugno l'acconto pari al 50% della TASI calcolata con aliquota standard dell'1 per mille.
La legge di stabilità per il 2014 prevedeva che la somma di Imu e Tasi non potesse superare il 10,6 per mille. Entro questo tetto, poi, l'aliquota della Tasi non deve superare il 2,5 per mille. Il Dl 16/2014 sulla finanza locale, in corso di conversione, permette ai sindaci di aumentare complessivamente, per il 2014, la Tasi e il tetto massimo del prelievo dello 0,8 per mille, a condizione che il gettito derivante dall'incremento d'aliquota venga utilizzato per finanziare detrazioni d'imposta e altre agevolazioni sulle prime case. Nei Comuni che sfruttano questa possibilità l'aliquota massima della Tasi sulle case locate può raggiungere il 3,3 per mille e la somma di Imu e Tasi può arrivare al livello massimo di 11,4 per mille.
Gli effetti per gli inquilini - Per gli inquilini gli effetti delle nuove norme determineranno che l'Imu sarà a carico del solo proprietario dell'immobile mentre la Tasi (tributo per i servizi indivisibili) dovrà essere posto a carico di proprietario e inquilino.
I Comuni però potranno differenziare il livello dell'imposta a seconda dei contratti, per esempio, applicando una aliquota più favorevole su quelli a canone concordato. Per le abitazioni locate, una percentuale della sola Tasi oscillante tra il 10% e il 30% deve essere pagata dall'inquilino. L'inquilino paga la sua parte solo, naturalmente, per la durata del contratto; se non supera i sei mesi la Tasi è tutta a carico del proprietario.
Il comune potrà comunque decidere l'effettiva percentuale dell'imposta da chiedere agli inquilini. La base imponibile, cioè l'importo sul quale si applica l'aliquota per il calcolo dell'imposta, è la stessa dell'Imu: la rendita catastale dell'immobile deve essere rivalutata del 5%; la cifra che risulta va, poi, moltiplicata per 160. Su tale valore è possibile quindi applicare le aliquote per determinare l'imposta.
Le rate della Tasi del 2014 - I Comuni devono consentire il pagamento dell'imposta in almeno due rate a scadenza semestrale il 16 Giugno ed il 16 Dicembre. Chi vuole può pagare tutto in un'unica rata, entro il 16 giugno.
Requisiti piu' stringenti per la cassa integrazione straordinaria
Gli ispettori del Ministero del Lavoro verificheranno il rispetto degli obblighi per fruire della cassa integrazione guadagni
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Gli ispettori dovranno seguire le linee guida per accertare l' esistenza delle condizioni dettate dal decreto N. 31444 del 20 agosto 2002.
I controlli riguarderanno le causali di utilizzo per l' approvazione o proroga dei programmi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale. Sotto la lente, nei controlli, ci saranno soprattutto gli obblighi formativi.
I nuovi indirizzi che saranno seguito dagli ispettori riguardano la formazione e gli investimenti anche in vista, della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta in una delle deleghe del «Jobs act» (il disegno di legge delega di riforma del lavoro presentato al Senato il 3 aprile).
Formazione -Il decreto citato prevede innanzitutto che il rapporto tra lavoratori coinvolti nella formazione e lavoratori sospesi non sia inferiore al 30%. L'ispezione inoltre tenderà a verificare che esista una correlazione e coerenza tra programma ed investimenti effettuati, soprattutto nella ipotesi che la formazione venga effettuata nel luogo di lavoro e coinvolga molti lavoratori.
L'obiettivo che si vuole raggiungere è quello di evitare abusi e pertanto per accertare la realtà verranno esaminati con cura strumenti documentali quali gli strumenti per la rilevazione delle presenze ed il Lul (Libro Unico Lavoro) dai quali potranno essere effettuati raffronti tra monte ore formazione e ed ore conguagliate Cigs.
Le ispezioni saranno integrate anche da dichiarazioni dei lavoratori che seguono i processi formativi mediante l' accesso diretto sul luoghi di lavoro.
Investimenti. In merito agli investimenti, gli ispettori indagheranno sui programmi di riorganizzazione aziendale e su quelli di ristrutturazione. Entrambi i settori dovranno contenere indicazioni sugli investimenti: per i primi (riorganizzazione) la cassa integrazione straordinaria deve essere collegata a programmi di modifica e innovazione sia dell' assetto gestionale sia per quello produttivo. Per la ristrutturazione aziendale si dovrà essere in presenza di modifiche dei processi produttivi, aggiornamento tecnologico, rinnovo di impianti fissi e tecnologie.
Un altro requisito specifico, riguarda l'ammontare degli investimenti previsti che dovrà esseere superiore alla media degli investimenti effettuati nei due anni precedenti, sia della stessa tipologia, sia di tipologie diverse.
Pensioni, necessario un intervento per risolvere le storture della Riforma del 2011
Passate le Elezioni Europee del 25 Maggio, il premier Renzi e la maggioranza saranno costretti ad un intervento di riordino sulla previdenza.
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Una volta terminate le elezioni europee di Maggio, per centrare i vincoli di bilancio concordati con Bruxelles, il governo dovrebbe essere costretto ad un intervento sul settore previdenziale in grado di eliminare almeno i privilegi più costosi e ingiusti di alcune categorie, che nella Prima e Seconda Repubblica hanno ottenuto di poter incassare «pensioni d’oro» in cambio di contributi più bassi rispetto a quelli previsti per la generalità dei lavoratori Inps.
Il riordino dovrebbe peraltro coincidere con un intervento strutturale sulle pensioni sotto i mille euro, come annunciato l'altro giorno dal Premier Matteo Renzi, per il 2015.
Un intervento su questo capitolo è del resto chiesto anche dal Consiglio d'Europa che come si ricorderà, ha richiamato piu' volte l’Italia perché le pensioni minime (circa 500 euro mensili) non consentono una vita dignitosa. La platea dei possibili interessati ammonta ad oltre 7milioni di pensionati.
Sotto i 500 euro ci sono 2,2 milioni di assegni mentre nella fascia tra 500 e mille euro gli assegni sono poco piu' di 4,9 milioni. Numeri davvero significativi che fanno comprendere la realtà del paese.
Anche per quanto riguarda il problema degli esodati, ci si augura che le forze politiche riescano a trovare la quadra e le risorse necessarie a soddisfare i tanti annunci che si sono susseguiti in questi ultimi tempi.
Insomma un intervento "manutentivo" sulla Riforma del 2011 appare quanto mai necessario. Il dilagare della disoccupazione e del precariato sta portando alla luce problemi che un tempo sembravano superati: milioni di cittadini vanno verso una vecchiaia in povertà.
La coalizione di governo dovrebbe cogliere l'occasione per fissare "regole uguali per tutti", alzare le pensioni minime, fissare un «tetto» massimo alle rendite alte, risolvere in maniera strutturale la questione degli esodati e delegare alle casse di categoria solo la previdenza integrativa.
Tasi, nel 2014 in arrivo una nuova stangata
Secondo lo studio della Cgia di Mestre, tra Imu-Tasi al 2 per mille e Tari, gli italiani pagheranno 32,5 miliardi; il peso complessivo delle Tasse, delle Imposte e dei Tributi rischia di superare i 53,7 miliardi di euro.
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Nuova stangata sulle case: rispetto all'anno scorso, nel 2014 i proprietari di immobili " secondo l'associazione degli artigiani di Mestre " dovrebbero pagare 4,6 miliardi di euro in più.Tra Imu-Tasi al 2 per mille e Tari, gli italiani pagheranno 32,5 miliardi.
Tra case, negozi e capannoni il carico fiscale ha ormai raggiunto un livello record. Per la Cgia il peso complessivo delle tasse, delle imposte e dei tributi rischia di superare i 53,7 miliardi di euro.
La soglia potrebbe essere raggiunta nel caso in cui l'aliquota media della Tasi sulle prime case si attesti al 2 per mille. "Un tempo, l'acquisto di una abitazione o di un altro tipo di immobile (osserva il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi) costituiva un investimento. Ora chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo.Tra Imu - Tasi e Tari gli immobili sono sottoposti ad un peso fiscale insopportabile".
Se in questi ultimi 7 anni il prelievo legato alla redditività degli immobili è aumentato di poco (+1%), quello riferito ai trasferimenti di proprietà è sceso del 23%, a seguito della forte crisi che il mercato immobiliare ha subito in questi ultimi anni.
Solo il gettito riconducibile al possesso dell'immobile ha subito un vera e propria impennata; se ipotizziamo che nel 2014 l'aliquota media Tasi sull'abitazione principale si attesti al 2 per mille, dal 2007 ad oggi il prelievo è destinato a crescere dell'88%. "I 32,5 miliardi di euro che pagheranno gli italiani - conclude Bortolussi - incide sul prelievo totale per il 60%. Tenendo conto di tutto il sistema fiscale che grava sul mattone, nel 2014 i proprietari di immobili dovrebbero pagare 4,6 miliardi in più rispetto al 2013.
Una buona parte di questo aumento va attribuito all'introduzione della Tasi che appesantirà il prelievo fiscale soprattutto sui proprietari di seconde e terze case e su quelli che possiedono un immobile ad uso produttivo".