L'esperto Risponde

La rubrica di consulenza ai lettori sulle principali questioni previdenziali

La salvaguardia pensionistica non cancella la pensione supplementare

La salvaguardia pensionistica non cancella la pensione supplementare

Franco Rossini 14/07/2022 Previdenza

I pensionati titolari di una pensione in regime di salvaguardia possono conseguire una pensione aggiuntiva sulla base dei contributi versati dopo il pensionamento o per l'attività professionale eventualmente svolta con iscrizione alla cassa professionale.


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Con la collaborazione di

Franco Rossini
Consulente con specializzazione in diritto del lavoro e della previdenza

Bruno Benelli
Collaboratore Confals e autore di numerosi saggi ed approfondimenti in materia previdenziale.

Carmine Diotallevi
Formatore Spi Cgil, ex dipendente Inpdap con pluriennale esperienza sulle previdenza del pubblico impiego

Dario Seghieri
Esperto in previdenza sociale, da anni autore di libri e di articoli su diversi siti web di settore.

Rossini V

Rossini V

Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

I giudici dichiarano legittimo il recesso ad nutum dal rapporto di lavoro intimato dopo il conseguimento dell'età per il pensionamento di vecchiaia. La permanenza in servizio sino al settantesimo anno di età, come prevista dalla riforma Fornero del 2011, è subordinata al consenso del datore di lavoro.

Kamsin Sarà più difficile per i lavoratori dipendenti del settore privato fruire dell'incentivazione prevista dall'articolo 24 del DL 201/2011 e restare in servizio sino al compimento del settantesimo anno di età al fine di maturare una pensione più succulenta. Dopo il recente altolà imposto ai lavoratori del pubblico impiego per i quali è stato ribadito il collocamento a riposo d'ufficio al perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi) o anche prima, al perfezionamento dei 65 anni, qualora abbiano raggiunto un diritto a pensione anticipata entro tale età, il diritto viene compresso anche nei confronti dei settore privato. 

Il Tribunale di Roma con sentenza del 30 Aprile scorso ha infatti deciso che la normativa in questione contenga unicamente la previsione di un incentivo alla permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età, in coerenza con l’impianto della riforma del sistema pensionistico che tende all’innalzamento dell’età pensionabile, e un invito alle parti a consentire la prosecuzione del rapporto.  In altri termini, il tenore letterale della norma, nella parte in cui recita “il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato … fino all’età di settant’anni …”, non consente, quindi, di affermare che la norma sancisca un vero e proprio diritto potestativo del lavoratore di scegliere se rimanere in servizio fino all’età di settant’anni, né un correlativo obbligo dal datore di lavoro di consentire la prosecuzione del rapporto fino a tale limite massimo di età.

La circostanza che la norma non preveda che, ai fini dell’esercizio del presunto diritto, il lavoratore debba presentare una domanda e che la domanda debba essere presentata entro un determinato arco temporale induce ulteriormente ad escludere, ad avviso del Tribunale, che la stessa possa configurare un diritto potestativo in favore del lavoratore. 

Il Giudice del Lavoro ha, quindi, concluso che la possibilità per il lavoratore di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età, in assenza della previsione di un diritto suo potestativo, resti subordinata al consenso del datore di lavoro.

La Questione - La Riforma Fornero ha previsto un sistema di flessibilità per il quale i lavoratori, dopo la maturazione dei requisiti di età e di contribuzione, possono scegliere di posticipare il momento di ritiro dal mercato del lavoro. La prosecuzione dell’attività lavorativa oltre il conseguimento dei requisiti minimi viene, infatti, incentivata fino all’età di 70 anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita.

 

Con queste regole si è posta la questione se, quale corollario del progressivo innalzamento dell’età pensionabile e della flessibilità a 70 anni (ulteriormente adeguata agli incrementi della speranza di vita), la legge differisca l’esercizio del potere di recesso ad nutum da parte del datore di lavoro dall'età pensionabile di vecchiaia sino al compimento del limite massimo di flessibilità (70 anni, via via aggiornati agli incrementi dell’attesa di vita). 

 

L’art. 24 prevede, infatti, anche che nei confronti dei lavoratori dipendenti l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970 e successive modificazioni, cioè delle norme che recano la disciplina limitativa dei licenziamenti, “è differita fino al predetto limite massimo di flessibilità”. Ma tale possibilità non opera nel settore pubblico, ad eccezione delle categorie per le quali i limiti ordinamentali sono fissati a 70 anni (ad esempio magistratura, avvocati dello stato, professori universitari).

Zedde

Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha indicato la disponibilità del Governo a verificare le coperture necessarie per garantire una modifica della penalizzazione sulla pensione anticipata per chi non ha ancora raggiunto i 62 anni. Pronta anche una revisione della pensione di reversibilità.

Kamsin Ci sarà un «approfondimento» su alcune criticità nell'accesso alla pensione anticipata nella Legge di Stabilità. E il governo intende rivedere anche le norme che regolano la reversibilità ai figli ormai obsolete, perché con la separazione della laurea triennale da quella specialistica e con l'introduzione dei master post universitari, può accadere che lo studente perda il genitore dopo la laurea, ma prima del successivo passaggio formativo.

E' quanto ha precisato, ieri, nel corso del question time a Montecitorio, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, a proposito della prestazione destinata a chi resta orfano, ricorda come secondo i requisiti attuali per l'erogazione il figlio superstite deve avere meno di 26 anni ed essere iscritto all'università; l'intervento che Poletti ha indicato servirà, puntualizza, per «per verificare se vi siano i margini un'interpretazione evolutiva della norma», o se, invece, bisognerà ricorrere ad una nuova disciplina, nel qual caso andrà «reperita la copertura economica».

Quanto alla pensione anticipata, il governo intende procedere, all'interno della manovra, all'analisi delle categorie di persone che possono essere escluse dalle penalizzazioni della legge 214/2014 dell'ex ministro Elsa Fornero. E, anche in questa circostanza, un'eventuale modifica della fattispecie renderebbe necessario trovare adeguate risorse.

La richiesta del Pd al ministro Poletti è quella di estendere la deroga prevista dall'articolo 6, comma 2-quater del Dl 216/2011 in favore di tutti i lavoratori; una modifica, già tentata senza successo con il Dl sulla Pa, che significherebbe lo stop definitivo alla penalizzazione sino al 2017 per chiunque maturi i requisiti per la pensione anticipata anche in assenza dei 62 anni. Attualmente, invece, l'articolo citato ferma i disincentivi solo in favore dei lavoratori la cui contribuzione derivi esclusivamente da lavoro effettivo ma penalizza coloro che hanno contribuzione figurativa derivante da disoccupazione indennizzata, mobilità, cigo e le varie maggiorazioni connesse allo stato di invalidità od amianto. 

Zedde

Per i lavoratori salvaguardati e per coloro che fruiscono del prepensionamento nel Pubblico Impiego è prevista l'ultrattività delle regole previdenziali vigenti sino al 31 Dicembre 2011. 

Kamsin Alcune categorie di lavoratori possono beneficiare, in via eccezionale, delle precedenti regole di pensionamento e di decorrenza anche dopo il 2011. Si tratta in primo luogo dei lavoratori esodati salvaguardati, soggetti per i quali il legislatore ha approvato specifici provvedimenti legislativi per consentirgli di beneficiare di un trattamento pensionistico anticipato, in deroga alla nuova disciplina Fornero. Le vecchie regole sono state altresì rimesse in carreggiata per il prepensionamento dei pubblici dipendenti, cioè per far uscire i dipendenti in soprannumero nelle Pa all'esito dell'approvazione di specifici piani di riduzione delle piante organiche (articolo 2, comma 11 del Dl 95/2012).

Appare quindi utile richiamare le regole pensionistiche che tali lavoratori hanno "cristallizzato" e dunque mantenuto in vigore anche dopo il 2011 anche alla luce della sesta salvaguardia che sarà a breve convertita in legge dal Senato.

La Finestra mobile e la Stima di Vita - Sia che si andasse in pensione con il pensionamento di vecchiaia o con la pensione di anzianità la vecchia normativa preveda una finestra mobile standard pari a 12 mesi per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. Entrambi gli istituti erano poi soggetti all'applicazione della speranza di vita Istat (3 mesi già scattati dal 2013; altri 4 mesi dal 2016).

La Vecchiaia - Il pensionamento di Vecchiaia richiedeva il perfezionamento di un'età anagrafica di 65 anni per gli uomini (settore privato e pubblico); 61 anni per le donne del pubblico impiego (65 dal 2012); 60 anni per le lavoratrici del settore privato (dipendenti e autonome). Queste ultime lavoratrice subivano - ai sensi dell'articolo 18, comma 1 del 98/2011 convertito con legge 111/2011 - il progressivo innalzamento dell'età pensionabile a partire dal 1° gennaio 2014 sino al 2026 in modo da raggiungere la parificazione con l'età pensionabile dei lavoratori del pubblico impiego.

La seguente tabella riassume il graduale innalzamento del pensionamento di vecchiaia per i lavoratori e le lavoratrici con le vecchie regole pensionistiche comprensive degli adeguamenti alla speranza di vita Istat (3 mesi dal 2013; 4 mesi dal 2016; 4 mesi dal 2019).

Anzianità - La pensione di anzianità richiedeva requisiti di pensionamento piu' bassi. Nello specifico il diritto si perfezionava al raggiungimento di una quota data dalla somma tra l'età anagrafica minima richiesta e almeno 35 anni di contributi. Per i lavoratori dipendenti e iscritti ai fondi pensione sostitutivi ed integrativi, a partire dal 1° gennaio 2011, era necessario raggiungere la quota 96 con almeno 60 anni di età (ovvero 60 anni di età + 36 di contributi oppure 61 anni di età + 35 di contributi). Per i lavoratori autonomi il quorum era di un anno piu' elevato: ossia bisognava perfezionare la quota 97 con almeno 61 anni di età: dunque 61 anni e 36 di contributi oppure 62 anni e 35 di contributi. Dal 2013 tali requisiti crescevano di un anno e venivano adeguati alla stima di vita. Il risultato? I lavoratori dipendenti dovevano raggiungere la quota 97,3 (con almeno 61 anni e 3 mesi di età), gli autonomi la quota 98,3 con almeno 62 anni e 3 mesi di età. E dal 2016 il nuovo scatto della stima vita prevede un innalzamento di ulteriori 4 mesi.

In alternativa, la pensione di anzianità poteva essere conseguita, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi. In tal caso tuttavia la finestra mobile sarebbe stata leggermente piu' lunga (1 mese; 2 mesi o 3 mesi in piu' a seconda se il requisito contributivo fosse stato maturato rispettivamente nel 2012; 2013 o dal 2014 in poi).

Le seguenti tabelle mostrano il graduale innalzamento dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità dal 2011 in poi comprensivi degli adeguamento alla speranza di vita (si noti che il requisito contributivo dei 40 anni non è soggetto ad adeguamento cfr: messaggio inps 20600/2012)

Statali, così il prepensionamento nel pubblico impiego

Esodati, stop a nuove salvaguardie. Piu' flessibilità per la pensioneZedde

Sono una lavoratrice dipendente dal 1977 e ho scoperto tramite il vostro portale che essendo invalida al 100% potrei beneficiare di un anticipo sull'età pensionabile. Volevo sapere come stanno realmente le cose e se potrò fruire della deroga indicata. Benedetta da Napoli
Kamsin Come già è stato anticipato su Pensioni Oggi per i lavoratori con invalidità pari almeno all'80% è rimasta in vigore la disciplina pensionistica precedente alla Riforma Amato. Ai sensi dell’articolo 1, comma 8, del Dlgs 503/1992, è dunque possibile per gli invalidi in misura non inferiore all’80 per cento - che lavorano nel settore privato - accedere alla pensione di vecchiaia con i requisiti previgenti la riforma Amato del 1992, 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini.

A decorrere dal 2013, il requisito anagrafico va tuttavia adeguato alla stima di vita e dunque è pari a 55 anni e tre mesi per le donne e di 60 anni e 3 mesi per gli uomini. La decorrenza del trattamento pensionistico avverrà non prima di dodici mesi, a causa del differimento dovuto alla finestra mobile, che, nel caso in esame, continua a trovare applicazione. E' richiesto il perferzionamento di almeno venti anni di contributi o 15 anni, se maturati entro il 31 Dicembre 1992 (cd. quindicenni). La disciplina in questione è invocabile dai soli lavoratori dipendenti del settore privato in quanto essa si applica, per espressa previsione normativa, esclusivamente agli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (Ago) per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti. Sono dunque esclusi dal beneficio i lavoratori del pubblico impiego e i soggetti iscrittinella gestione dei lavoratori autonomi.


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Volevo sapere se è stata prorogata l'opzione donna oltre il 2015 dato che sarei interessata alla possibilità di anticipare l'uscita. Il mio problema è che raggiungo i requisiti nel corso del 2015 e quindi all'Inps mi hanno detto che non potrò fare richiesta. Qual'è il parere dell'esperto? Annalisa Kamsin Com'è noto, con la circolare Inps 35/2012 (punto 7.2,) l'Inps ha chiarito che, per andare in pensione di anzianità con i vecchi requisiti di 57 anni di età e 35 di contributi (cosiddetta opzione donna), l'opzione per il calcolo della pensione con il sistema contributivo può essere esercitata a condizione che la decorrenza della pensione si collochi entro il 31 dicembre 2015, compresa la finestra mobile di 12 mesi prevista dalla legge 122/2010, ai quali occorrerà aggiungere l'adeguamento alla speranza di vita.

Queste regole, alla data attuale, sono rimaste immutate nonostante le "pressioni" per un loro superamento. Si ricorda infatti che la Commissione Lavoro della Camera ha prodotto diversi progetti di legge per risolvere questo problema ed il Parlamento si è espresso, nel novembre 2013, con propria risoluzione affinché il Governo si facesse parte attiva nei confronti dell'INPS per modificare la circolare. Peraltro lo stesso ufficio legale del Ministero del Lavoro aveva ravvisato elementi di illegittimità che potevano dare luogo a contenziosi. 

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze si è tuttavia sempre opposto ad una rivisitazione della Circolare per ragioni di copertura economica. Anche il governo Renzi aveva inserito un emendamento al Ddl sulla Pa per prorogare sino al 2018 tale regime, proposta tuttavia che è stata ritirata.


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