Nei confronti dei lavoratori non in possesso di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995 la Legge Fornero ha previsto, infatti, la possibilità di ritirarsi all'età della vecchiaia solo se il reddito pensionistico sia superiore ad un determinato importo soglia. E quanto più questo reddito è basso, tanto più tardi potrà ritirarsi.
Nello specifico, un lavoratore nato nel 1980, secondo la legge vigente, potrà accedere alla pensione attraverso quattro canali. Con la pensione anticipata al perfezionamento di 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne) a prescindere dall'età anagrafica oppure all'età di 63 anni e 7 mesi unitamente a 20 anni di contribuzione "effettiva" (cioè senza considerare la contribuzione figurativa) a condizione però che l'importo della pensione non risulti inferiore a 2,8 volte il valore dell'assegno sociale (cd. importo soglia). Ciò significa che per sfruttare questa uscita il reddito pensionistico maturato dal lavoratore non deve risultare inferiore a circa €1.250 al mese.
La pensione di vecchiaia, invece, può essere conseguita all'età di 66 anni e 7 mesi unitamente a 20 anni di contributi a condizione che l'importo dell'assegno non risulti inferiore a 1,5 volte il valore dell' assegno sociale, cioè circa €675 al mese. Qualora nessuna delle tre condizioni risultano rispettate il lavoratore per uscire dovrà necessariamente attendere i 70 anni e 7 mesi. Solo una volta raggiunta questa età anagrafica, al lavoratore non sarà più richiesto il perfezionamento dei predetti importi soglia.
Penalizzati da questo meccanismo sono i giovani che effettuano lavori discontinui per lunghi periodi e che, pertanto, a regime non riusciranno ad agguantare il requisito di 20 anni di contributi o, comunque, a causa delle carriere precarie non riusciranno ad integrare un assegno pensionistico superiore a 670 euro al mese come richiesto dalla legge Fornero. Nei loro confronti l'età di uscita rischia concretamente di slittare in avanti di altri quattro anni. Contro questo meccanismo i sindacati avevano chiesto l'eliminazione dell'importo soglia di 1,5 volte l'assegno sociale e la riduzione da 2,8 a 1,5 per l'uscita a 63 anni e 7 mesi. Su questo fronte il Governo Giallo-Verde non ha assunto alcuna posizione precisa. Dunque è molto probabile che non ci saranno cambiamenti al riguardo.
Qualche novità, invece, potrebbe esserci sul fronte dell'assegno minimo. Al posto della pensione di garanzia il Governo Giallo-Verde prevede, invece, l'introduzione della pensione di cittadinanza, pari a 780 euro al mese, che sarebbe corrisposta - in futuro - anche ai giovani che con il passaggio al contributivo hanno perso l'integrazione al trattamento minimo. La promessa fatta in campagna elettorale riguarderebbe i titolari di redditi pensionistici al di sotto della predetta cifra che hanno raggiunto l'età pensionabile (67 anni dal 2019) e che, quindi, non sono più in età lavorativa attiva. Le modalità attraverso le quali sarà realizzato tale intervento non sono però ancora note.