Nel documento diffuso l'altro giorno dal Partito guidato da Matteo Renzi si mette nero su bianco la volontà di proseguire il cammino di revisione avviato nel 2016 (ed ancora in corso d'opera). Obiettivo dichiarato: superare le eccessive rigidità nella fase di pensionamento introdotte dalle ultime riforme (Maroni, Sacconi, Fornero), senza compromettere il quadro di stabilità finanziaria ottenuto, ma aumentando l’equità del sistema pensionistico. Queste dunque le priorità del PD.
Pensione di garanzia per i giovani
Il Partito Democratico propone uno strumento anche previdenziale che tuteli i lavoratori con carriere discontinue nel sistema contributivo, cioè che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. In particolare nel programma del PD c'è la pensione contributiva di garanzia, costituita da un livello di reddito pensionistico minimo di 750 euro mensili, garantito alle persone che sono interamente nel sistema contributivo al compimento dell’età di vecchiaia, grazie a un’integrazione a carico dello Stato. La pensione di garanzia è rivolta alle persone che non hanno i requisiti per ottenere, in base al calcolo contributivo, 750 euro mensili anche se hanno 20 anni di contributi. E cresce di 15 euro al mese per ogni anno di presenza sul mercato del lavoro successivo ai 20 anni di contributi, fino a raggiungere un massimo di 1.000 euro mensili.
Flessibilità in uscita dai 63 anni
Il Pd punta ad estendere gli interventi esistenti per creare un sistema di flessibilità in uscita incentrato su una pluralità di strumenti, che permetta a chi ha compiuto 63 anni di età e vuole anticipare l’uscita dal mercato del lavoro di ricevere risposte adeguate alle proprie esigenze. Molti strumenti per ottenere flessibilità in uscita sono già stati introdotti, ma devono ancora dispiegare i loro effetti. In questa ottica, è necessario rendere strutturali: l’Ape sociale, per i lavoratori in difficoltà; l’opzione donna (anche per chi ha meno di 63 anni, se ha raggiunto il requisito contributivo richiesto); le misure per i lavoratori usuranti e precoci (per chi ha 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età nagrafica); ma anche l’Ape volontaria e Rita, per consentire di utilizzare la previdenza integrativa. Allo stesso tempo è necessario allargare le platee dei beneficiari, per esempio permettendo a tutti i disoccupati che provengono da lavori a tempo determinato e a nuove categorie di lavoro gravoso, anche autonomo, di accedere all’Ape sociale. Il principio è semplice: chi, dopo 63 anni, vuole flessibilità per condizioni di bisogno riceverà un reddito ponte gratuito, chi la vuole per preferenze individuali dovrà sobbarcarsi parte dei costi.
Adeguamento dell’età pensionabile.
Demografia e previdenza non possono essere slegate tra loro senza mettere a rischio la sostenibilità del sistema e le pensioni dei giovani. In seguito all’allungamento della speranza di vita, l’innalzamento dell’età pensionabile (o degli anni di contributi versati) è ineludibile per motivi di finanza pubblica. Le modalità di tale raccordo devono però tenere conto, come ha evidenziato l’Ocse nel suo rapporto del 2016, sia del mutare delle effettive condizioni socio-economiche sia delle specifiche condizioni personali e lavorative, legate soprattutto al diverso grado di usura. Vanno in questa direzione il verbale governo-sindacati del 2016 e l’apposita commissione tecnica coordinata da Istat e Inps che avrà il compito di produrre per l’autunno un rapporto utile a definire la fattibilità delle politiche più appropriate. Alla luce dei lavori di questa commissione ci impegniamo a dare piana attuazione al verbale del 2016.
Equità nei trattamenti
Va aumentata l’equità, riducendo drasticamente tutte le forme di privilegio ingiustificate nei trattamenti finanziati dallo Stato.
Previdenza integrativa e Casse previdenziali
Si avverte l’esigenza di un sistema rinnovato, più conveniente soprattutto per i lavoratori più giovani, con meno vincoli e che possa finanziare lo sviluppo degli investimenti in Italia. Occorre che la previdenza integrativa garantisca non solo la possibilità di una rendita da aggiungere alla pensione pubblica, ma anche, come prevede Rita, un’opportunità di reddito prima della pensione.