In un clima sociale ormai avvelenato dalla questione dei green pass e dei no vax che sta ricordando, purtroppo, autunni caldi di molti decenni or sono il governo si appresta a presentare la legge di bilancio in Parlamento che dovrà essere approvata entro il 31 dicembre 2021.
Questo clima di tensione non aiuta sicuramente a lavorare in serenità e con raziocinio ma in ambito previdenziale è necessario comunque intervenire perché altrimenti ci si ritrova il 1 gennaio 2022 con il ritorno alla legge Fornero e con lo “scalone” di cinque anni da 62 a 67 anni per accedere al pensionamento.
Non bisognava arrivare alla fine di ottobre per entrare nel vivo di una questione che interessa milioni di italiani e che è così importante per la vita delle persone. Tempo ce n’era e soprattutto questa legge non doveva essere inserita nella legge di bilancio, era necessario che avesse un suo iter autonomo e che fosse approvata alcuni mesi fa con decorrenza 1/1/2022.
I lavoratori avrebbero avuto il tempo di capire ed interpretare la legge e scegliere se usufruire delle nuove opportunità presenti o invece rimanere al lavoro. Non sarà così. Molto probabilmente le legge sarà approvata con la fiducia, non ci sarà un dibattito costruttivo e soprattutto non si avrà una legge strutturale e duratura.
La Commissione Lavoro della Camera sta faticosamente esaminando le varie proposte che lì giacciono da alcuni mesi presentate dai vari gruppi politici ed inoltre sta sentendo in audizione le OO.SS., le varie associazioni di categoria nonché esperti previdenziali e tecnici dell’argomento. E’ un lavoro difficile e faticoso perché le proposte sono molto diverse e trovare una sintesi da portare poi in Aula Parlamentare è molto complicato.
Tutte le proposte sono costose ed il governo ha fatto trapelare che i fondi per il capitolo previdenziale non supereranno i cinque/sei miliardi di €. Ma quello che non si era previsto all’inizio dell’anno è stato il balzo dell’inflazione che nel 2021 si è innalzata all’1,5%. Erano anni che questo non si verificava e questo determinerà la sacrosanta perequazione degli oltre 22.000.000 di assegni previdenziali esistenti in Italia. Questo comporterà per l’Erario un esborso non previsto di circa quattro miliardi di €, per cui a disposizione per la nuova legge pensionistica rimarrebbe poco più di un miliardo e mezzo, cifra assolutamente insufficiente per poter cambiare radicalmente la legge Fornero.
Con poco tempo e pochissimi fondi a disposizione sarà pertanto molto difficile riuscire ad ottenere il pensionamento a 41 anni che chiedono i sindacati confederali oltre ad una pensione di garanzia per i giovani e a degli sconti contributivi per le donne, ma molto probabilmente la direzione sarà quella di un rinnovo di O.D. ed un’estensione dell’Ape Sociale con un aumento dei lavori gravosi ed usuranti.
Forse passerà la proposta del Presidente dell’INPS Tridico di una pensione a due velocità la prima a 63 anni calcolata con il sistema contributivo e poi a 67 anni ottenere anche la parte di retributivo, ma questa proposta dovrebbe perlomeno essere ampliata anche per quanto riguarda la pensione anticipata, consentendo l’uscita volontaria dal mondo del lavoro fino tre anni prima del raggiungimento della pensione anticipata. Permettere il pensionamento anticipato a 38 anni e 10 mesi per le donne e a 39 anni e 10 mesi per gli uomini sarebbe un sacrificio temporaneo che molte lavoratrici e molti lavoratori sarebbero disposti ad accettare.