Dopo l'annuncio del leader di Forza Italia non si è fatta attendere la replica di Salvini: "Piatti chiari e amicizia lunga. Mi sono preso un impegno personale, come uomo prima che da segretario della Lega, e il centrodestra intero l'ha sottoscritto: la legge Fornero va cancellata. È una legge ingiusta, sbagliata, che porta povertà e disperazione nelle famiglie. Non esiste costringere gli italiani ad andare in pensione a 67 anni. L'abbiamo firmato tutti insieme e i patti si mantengono. La prima legge che il governo Salvini cancellerà è la legge Fornero. Su questo non c'è discussione aperta possibile".
La Lega chiede, in particolare, il ritorno al vecchio sistema delle quote (l'ipotesi è quella nota della cd. quota 100) unitamente ad un massimo di anzianità contributiva oltre il quale il lavoratore acquisisce il diritto alla pensione a prescindere dall'età anagrafica. L'asticella sarebbe fissata a 41 anni di contributi per tutti i lavoratori. Un proposta che coincide praticamente con i Cinque Stelle ma che trova, come già anticipato nei giorni scorsi su pensionioggi.it, resistenza da parte degli altri alleati della coalizione di centrodestra (Forza Italia, Fratelli d'Italia e Noi per l'Italia) preoccupati dalle ripercussioni sui conti pubblici dell'operazione. Non a caso il programma della Coalizione di Centrodestra firmato da tutti e quattro i partiti è molto più generico, parla solamente di "Azzeramento della Legge Fornero e nuova riforma previdenza economicamente e socialmente sostenibile", uno slogan di compromesso che si tiene ben lontano dall'indicazione di cosa fare concretamente e che mantiene aperte tutte le porte.
Damiano: Dalla Lega pura Demagogia
Secondo Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro della Camera, le proposte della Lega sono insostenibili, pura propaganda elettorale. “Tutti dimenticano – scrive Damiano – che la legge Fornero, dal 2012 a oggi, è già stata profondamente cambiata, anche se non l’abbiamo sbandierato ai quattro venti per non innervosire i burocrati europei. Si sono realizzate 8 salvaguardie, che hanno riconsegnato a 153.000 lavoratori la possibilità di andare in pensione con le vecchie regole. Si è completata la sperimentazione di Opzione Donna, con altre 36.000 lavoratrici coinvolte. Infine, con l’APE sociale, si manderanno in pensione a regime, a partire dai 63 anni, circa 60.000 lavoratori delle 15 categorie delle attività gravose ai quali si è anche bloccato l’innalzamento dell’età pensionabile. In totale, si tratta di 250.000 lavoratori (con uno stanziamento di circa 20 miliardi) che avrebbero corso il rischio povertà e che invece abbiamo salvato. Qualcuno, dopo questi interventi, ha parlato, ormai a ragione, di ‘legge-groviera’.
Noi pensiamo che si debba continuare su questa strada di forte revisione. Vanno, in primo luogo, quantificati i risparmi delle salvaguardie per proporre un ultimo intervento (il nono) che risolva definitivamente il problema degli esodati; vanno anche utilizzati i risparmi di Opzione Donna per proseguire la sperimentazione; infine, l’APE sociale, che scade nel 2018, va resa strutturale: poter andare in pensione a partire dai 63 anni, se si svolgono lavori gravosi, deve diventare una misura di flessibilità permanente, quindi un architrave del sistema previdenziale”, conclude.