Il bonus sulle minime
Da parte del governo, intanto, si affacciano nuove ipotesi, come quella (già prospettata da Renzi quando era premier) di aumentare di 40 euro mensili l’assegno per i quattro milioni di pensionati incapienti, per una spesa complessiva superiore ai 2 miliardi di euro. “Non ne sappiamo nulla” commenta Ghiselli: “Siamo stati i primi a porre il tema del sostegno alle pensioni più basse e qualche risultato lo abbiamo già ottenuto, ad esempio con l'estensione e il rafforzamento della quattordicesima. L’intervento generico di cui si parla mi pare che invece risponda più a una logica di tipo pre-elettorale”. Il tema della povertà dei pensionati c’è, osserva il sindacalista, ma “va affrontato come tema sociale e presuppone una serie di misure e d’interventi non soltanto economici, ma anche assistenziali e legati ai servizi, e che tenga conto della condizione complessiva del nucleo familiare”.
Le misure per i giovani
Allo studio dell’esecutivo, inoltre, ci sarebbero alcune misure che potrebbero rappresentare una primissima risposta alle richieste sindacali. Tre i campi d’intervento: l’introduzione di una “mini-garanzia” per i giovani con carriere discontinue, da realizzare cumulando il trattamento (totalmente contributivo) destinato ai giovani con forme di sostegno al reddito di tipo sociale o destinati alle fasce più povere; le misure per sviluppare la previdenza complementare, a partire dal favorire l'utilizzazione per tutti della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita); la creazione di uno speciale bonus contributivo per le donne, in modo da agevolarne l'accesso all'Ape sociale. L'ipotesi è di ridurre di due o tre anni il requisito contributivo.
La rivalutazione
Un capitolo chiave, spiega Ghiselli, è quello della rivalutazione delle pensioni nel 2019 legato al costo della vita e all’inflazione (che quest’anno si attesta all’1,2-1,3 per cento). Gli assegni, come noto, sono fermi da anni. “La Cgil – aggiunge Ghiselli – chiede un meccanismo di rivalutazione delle pensioni più efficace e un paniere più adeguato, perché dobbiamo fare più attenzione ai consumi reali dei pensionati”. Da tempo, infatti, i sindacati rimarcano la necessità di considerare per i pensionati un paniere diverso da quello generale dell'Istat, visto che i loro consueti beni di consumo sono rincarati più di quanto segnalato dai dati generali.
Sugli anticipi occorrono correttivi
Restano aperte anche alcune questioni legate all’Ape sociale. “Il fatto che la platea non sia stata ‘splafonata’ dimostra che i paletti erano eccessivamente rigidi” illustra il segretario confederale Cgil: “Gli anni di contribuzione necessari sono troppi, soprattutto per le donne, per gli edili o per chi fa lavori discontinui od opera nelle cooperative sociali”. Il governo, continua, ha dato “qualche segnale di disponibilità, ma temiamo che sia tutto all’interno degli strumenti individuati l'anno scorso. Ma non basta, non è sufficiente adeguare e aggiustare un po' l'Ape sociale”.
Quanto al tema cruciale del blocco dell’aumento automatico dell'età di pensionamento in base all'aspettativa di vita, la posizione del governo sembra di chiusura. Per Ghiselli si tratta di una posizione sbagliata, che “produrrà un danno enorme al Paese, perché oggi l'età pensionabile in Italia è di 66 anni e sette mesi: nessun altro Paese in Europa, tranne la Grecia, ha un livello così alto di età di pensionamento”. Per potersi ritirare una persona dovrà lavorare ben 45 anni: una condizione insostenibile da un punto di vista sociale e in rapporto agli altri Paesi. Per affrontare questo aspetto – conclude il segretario confederale Cgil - occorre utilizzare non solo la leva contributiva, cioè previdenziale, ma far intervenire anche la fiscalità generale, che deve farsi carico di alcuni di questi costi”.