La Quota 100 non avrà penalità sulla misura dell'assegno pensionistico ne' tetti particolari alla contribuzione figurativa. L'approvazione del decreto legge su quota 100 e reddito di cittadinanza ieri mette nero su bianco questi aspetti che sino all'ultimo erano rimasti nell'incertezza. Ma andiamo con ordine.
I lavoratori che chiederanno la liquidazione dell'assegno con le regole della quota 100, vale a dire con 62 anni e 38 di contributi, non subiranno alcun mutamento nel sistema di calcolo della pensione. Vale a dire che chi ha almeno 18 anni di contributi al 1995 avrà l'assegno determinato con il criterio retributivo sino al 2011 e contributivo post 2011; chi ha meno di 18 anni di contributi al 1995 avrà la pensione calcolata con il sistema retributivo sino al 1995 e contributivo sulle anzianità maturate dopo il 1995.
E' naturale però che andando in pensione prima della data prevista si versano meno contributi e ci sarà un minore effetto rivalutativo dei montanti contributivi e, pertanto, l'assegno che si andrà a conseguire sarà minore rispetto a quello che si sarebbe ottenuto restando sul posto di lavoro per altri due o tre anni. Per verificare questi aspetti è possibile utilizzare questo strumento realizzato da PensioniOggi che consente rapidamente di farsi un'idea di come muta il valore dell'assegno allo spostamento dell'età di uscita. Va ricordato che il decreto del Governo non ha bloccato lo scatto dei coefficienti di trasformazione dei montanti contributivi avuti dal 1° gennaio 2019. Pertanto restano confermati i nuovi coefficienti
Contribuzione figurativa
Altra importante considerazione da effettuare è che il decreto non impone vincoli sulla contribuzione valorizzabile ai fini del raggiungimento dei 38 anni di contributi necessari alla pensione con la quota 100. Lo scorso anno erano state formulate ipotesi di un tetto di due anni ai contributi figurativi che avrebbero penalizzato i soggetti più deboli. Nel decreto non c'è alcun riferimento alla questione. Dunque si potrà conteggiare tutta la contribuzione figurativa per raggiungere i 38 anni di contributi, ad esempio, sommando periodi di naspi, contratto di solidarietà, integrazione salariale, mobilità, disoccupazione speciale edile, malattia, eccetera. Per quanto superfluo ribadirlo si potrà computare anche la contribuzione da riscatto e quella volontaria equiparata, da sempre, a quella effettiva da lavoro.
Dovrebbe restare solo il vincolo generale dell’art. 22, comma 1, lett. b), della legge n. 153 del 1969 che si applicava a coloro che utilizzavano le quote per andare in pensione sino al 2011 e confermato anche rispetto ai nuovi requisiti della pensione anticipata in vigore dal 1° gennaio 2012 (Circ. Inps 180/2014). La disposizione da ultimo richiamata prevede ai lavoratori assicurati presso l'AGO l'accesso alla pensione di anzianita' a condizione che “possano far valere almeno 35 anni di contribuzione effettiva in costanza di lavoro...” , con esclusione, pertanto, della contribuzione figurativa per disoccupazione ordinaria e malattia. In sostanza anche per andare in pensione con la quota 100 si dovrà accertare la presenza di almeno 35 anni di contributi con esclusione di Naspi e della contribuzione per malattia. Tale vincolo non si applica ai lavoratori del pubblico impiego nè ai lavoratori nel sistema interamente contributivo.