Riforma Pensioni, Non dimenticatevi degli invalidi e dei caregivers!

M. Cendon Mercoledì, 07 Settembre 2016
La leva delle detrazioni fiscali potrebbe essere utilizzata per ridurre l'ammontare delle rate soprattutto per le categorie più deboli, tra cui i caregiver e gli invalidi.
Con l'anticipo pensionistico sarebbe bene che il Governo e le parti sociali non si dimenticassero di chi assiste familiari con disabilità. Allo stato attuale non è dato, infatti, sapere come sarà declinato nei dettagli l'APE ma c'è la speranza che questa sia la giusta occasione per introdurre qualche beneficio previdenziale anche ai cd. caregivers e agli invalidi. L'ipotesi che va per la maggiore, discussa per somme linee nei vari incontri che si sono tenuti nei mesi scorsi tra Governo e Sindacati è nell'assegnazione, anche a questa categoria di lavoratori, di apposite detrazioni fiscali che ridurrebbero la rata di restituzione del­l'assegno anticipato, erogato tramite le banche ed il settore assicurativo. 

Se passasse questa ipotesi chi assiste parenti con disabilità (o risulta egli stesso disabile) potrebbe godere di una uscita anticipata dal 2017 di tre anni (o di tre anni e 7 mesi a seconda di come sarà calibrata la misura) sulla pensione di vecchiaia ed ottenere un assegno senza notevoli decurtazioni grazie alla leva fiscale che compenserà, in sostanza, la restituzione della rata. La decurtazione si dovrebbe, infatti, azzerare o ridurre al minimo per alcune categorie di lavoratori meritevoli di tutela tra cui, si spera, siano inclusi anche i soggetti coinvolti in lavoro di cura familiare e gli invalidi. In questi casi la detrazione fisca­le andrebbe a compen­sare l'intero importo della ra­ta. Si tratterebbe di una tutela minima ma comunque un primo passo per aiutare questi lavoratori. 

Il problema per chi assiste familiari con disabilità si è fatto particolarmente sensibile dopo il 2011 con il forte allungamento dell'età pensionabile. Chi ha in casa un invalido non autosufficiente conosce bene l'impossibilità di conciliare le esigenze di accudimento continuo e costante del malato con le proprie esigenze lavorative. Del resto, molto spesso, la presa in carico del disabile da parte della famiglia è dettata non solo da ragioni puramente affettive, ma anche economiche, soprattutto per i nuclei familiari che non versano in condizioni economiche tali da potersi permettere l'aiuto di professionisti del settore o semplicemente un aiuto esterno anche non qualificato. Questo con l'andare del tempo provoca, sicuramente, il logoramento fisico e psichico delle persone a cui è affidata la cura del disabile. 

Questa situazione era stata in parte attutita con la quarta e sesta salvaguardia che ha spedito in pensione con le vecchie regole circa 5mila lavoratori che nel 2011 avevano in cura parenti con disabilità. O che erano loro stessi disabili. Ma poi non è stata più riproposta con la settima salvaguardia nè lo sarà con l'ottava. L'esperta del PD in Commissione Lavoro alla Camera, l'Onorevole Maria Luisa Gnecchi, ha indicato chiaramente che la strada da percorrere è quella di introdurre dei benefici di natura strutturale e non selettivi come le salvaguardie, un salvagente utile ad abbracciare più situazioni meritevoli di tutela. Non si può non condividere tale ragionamento purchè effettivamente ora si faccia qualcosa. 

Scarna infatti la tutela previdenziale offerta dall'attuale ordinamento. Ad eccezione di limitati e tassativi periodi di contribuzione figurativa riconosciuta per le assenze dal lavoro per accudire il disabile, il nostro ordinamento è uno dei peggiori in Europa in ordine al riconoscimento della figura del caregiver familiare. Di proposte in questi anni per cambiare la situazione non sono mancate. Si pensi da ultimo che la stessa Gnecchi (Pd) aveva presentato un apposito disegno di legge (Ac 728, risalente all'Aprile 2013) disegnava la possibilità di anticipare l'età per l'accesso alla pensione di vecchiaia di tre mesi per ogni anno dedicato alla cura e all'assistenza del familiare convivente disabile, fino a un massimo di cinque anni nonché il diritto alla pensione anticipata, indipendentemente dall'età anagrafica, a seguito del versamento di trenta anni di contributi previdenziali, di cui almeno cinque annualità versate nel periodo di costanza di assistenza al familiare convivente disabile. Il provvedimento recava poi per il familiare lavoratore, una contribuzione figurativa di due mesi per ogni anno di contribuzione effettiva, per un massimo di cinque anni, purché anche questa sia versata in costanza di assistenza al familiare disabile.

C'è da sperare dunque che non si perda l'occasione per mettere mano a questa materia. L'agevolazione dei requisiti per il pensionamento per i caregiver potrebbe avvenire anche con l'abbinamento di altre misure. Si pensi al riscatto dei periodi non lavorati o di studio con oneri parzialmente coperti dallo stato grazie, ancora una volta, al fattore fiscale. 

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