Sulla flessibilità in uscita il confronto con il Governo è appena iniziato ma il meccanismo allo studio, secondo Damiano, non deve scostarsi troppo dal disegno di legge numero 857 depositato proprio dall'ex ministro del Lavoro e da Pier Paolo Baretta nel 2013 alla Camera. In particolare, l'ex ministro ribadisce la necessità di fare uno sforzo per concedere un anno in più di anticipo, quattro in tutto contro i tre previsti dall'APE sul quale il Governo sta ragionando con i sindacati. Una modifica per limitare gli effetti della speranza di vita che dal 2016 ha aggiunto in tutto ben sette mesi al requisito tondo dei 66 anni previsto dalla Legge Fornero per la pensione di vecchiaia.
Inoltre il sistema di penalizzazioni sul rateo pensionistico - che nel caso dell'APE durerebbero 20 anni e sarebbero determinate dalla sola "necessità" di rimborsare il prestito erogato più che da un taglio strutturale sull'assegno (come prevede invece il ddl 857) - deve risultare contenuto entro un tetto dell'8%. L'APE prevederebbe invece una penalità più elevata, sino al 15% dell'assegno maturato ma l'effetto potrebbe essere compensato attraverso l'attivazione di detrazioni fiscali per le categorie sociali più deboli. Il prezzo della decurtazione potrebbe pertanto, almeno in teoria, anche risultare inferiore al tetto teorizzato da Damiano.
Damiano conclude menzionando la questione dei lavoratori esodati che premono per un ultimo provvedimento di salvaguardia, la proroga ulteriore dell'opzione donna e l'adeguamento degli assegni all'inflazione in difesa del potere d'acquisto delle pensioni. Da citare anche la necessità di incrementare le misure contro la povertà, a favore delle persone e delle famiglie che versano in condizioni di povertà assoluta, con una chiara distinzione tra la spesa di carattere previdenziale e quella di carattere assistenziale.