Il beneficio, come già anticipato nei giorni scorsi da pensionioggi.it, non è stato oggetto di modifica durante l'esame in Commissione Bilancio alla Camera: verrà riconosciuto a tutti i lavoratori iscritti presso l'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme ad essa sostitutive ed esclusive (dipendenti pubblici) ed alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti) che hanno almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il raggiungimento del diciannovesimo anno di età, che ricadono nel sistema misto (cioè siano lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995) e che si riconoscono in uno dei seguenti profili di tutela:
a) si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell'ambito della procedura di conciliazione obbligatoria (ex art. 7, della legge 604/1966), hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, co. 3 della legge 104/1992;
c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;
d) sono lavoratori dipendenti compresi nelle undici professioni sotto indicate che svolgono, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo oppure sono lavoratori addetti a mansioni usuranti o a lavoratori notturni come già individuati dal Dlgs 67/2011 (si veda: lavori usuranti).
Le condizioni devono essere rispettate entrambe e quindi, ciò significa che chi è stato impiegato in attività gravosa, usurante, risulta disoccupato, invalido o assista il familiare disabile ma non ha svolto almeno 12 mesi di attività lavorativa prima del 19° anno di età è tagliato fuori da beneficio, così come lo sarà pure chi ha svolto lavoro prima del 19° anno ma non rientra in uno dei quattro appena menzionati profili di tutela. Appare utile ricordare che il requisito contributivo di 41 anni resta oggetto degli adeguamenti alla speranza di vita istat che scatteranno dal prossimo 1° gennaio 2019. In definitiva per i 25mila lavoratori che attiveranno il beneficio si sostanzierà in un anticipo dell'età pensionabile di un anno e 10 mesi gli uomini o di dieci mesi le donne rispetto agli attuali requisiti previsti per la pensione anticipata (che chiedono, come noto, 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne).
Attenzione anche ad una ulteriore condizione occulta. Il beneficio suddetto viene riconosciuto nell'ambito di programmate risorse di bilancio: 360 milioni di euro per l'anno 2017, di 550 milioni di euro per l'anno 2018, di 570 milioni di euro per l'anno anno 2019 e di 590 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie, la decorrenza dei trattamenti viene differita, con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, individuati con un Dpcm e, a parità degli stessi, in ragione della data di presentazione della domanda, al fine di garantire un numero di accessi al pensionamento, sulla base dei predetti requisiti agevolati, non superiore al numero di pensionamenti programmato in relazione alle risorse finanziarie.
Da segnalare, infine, che la pensione conseguita con l'agevolazione in questione non sarà cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra l'anzianità contributiva di cui all'articolo 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e l'anzianità contributiva al momento del pensionamento. Ad esempio un pensionato che esce con 41 anni di contributi non potrà lavorare per un periodo successivo alla pensione pari ad un anno e 10 mesi se uomo o a 10 mesi se donna.