Nel mix di misure annunciate da Palazzo Chigi per la prossima legge di stabilità ci sarebbe l'ipotesi di una pensione penalizzata a partire dai 63 anni (anche se resta ancora tutta da comprendere l'entità del taglio da applicare sull'assegno), il prestito pensionistico in aiuto dei lavoratori disoccupati che potrebbe essere ottenuto attraverso il coinvolgimento del sistema bancario (uno stratagemma per di attutire le strette regole di bilancio ma la cui attuazione è tutta da vedere) e, probabilmente, il rilancio della staffetta generazionale con la possibilità per le imprese di spedire a casa la forza lavoro più anziana assumendo giovani. Resta dunque da comprendere quale saranno i punti salienti delle modifiche che il Governo intenderà sostenere nella seconda metà del 2016.
Un intervento sulla normativa pensionistica potrebbe essere opportuno anche per affrontare alcune tematiche rimaste ancora sul tappetto. Dagli esodati alla spinosa questione delle ricongiunzioni onerose il cui superamento appare ormai "maturo". C'è poi il tema dei lavori usuranti sul quale si registra l'impegno del Governo ad una estensione della normativa di favore ad altre categorie di soggetti. Tra le ipotesi in campo un restyling del decreto legislativo 67/2011 per smussare quelle criticità che non consentono di accedere ai benefici ai lavoratori che hanno lunghe carriere contributive alle spalle. Diverse proposte sono in cantiere e aspettano solo il via libera del Governo.
Di pensioni comunque si tornerà a parlare da questa settimana con la ripresa dei lavori parlamentari. In calendario c'è la questione relativa alla Delega sulla Povertà il cui iter entrerà nel vivo in Commissione Lavoro proprio nel mese di maggio. Su questo fronte si attende, in particolare, la conferma, tramite un apposito emendamento al provvedimento, che le pensioni ai superstiti non saranno coinvolte nel processo di razionalizzazione delle prestazioni che la Delega attribuisce a Palazzo Chigi. Nella seconda parte dell'anno si dovrà decidere circa la proroga dell'opzione donna oltre il 2015 con la possibilità di includere anche le nate nell'ultimo trimestre del 1958 e alla cd. ottava salvaguardia in favore di altri 24mila lavoratori che nel 2011 erano senza lavoro. Ad attendere una risposta sperano anche coloro che hanno maturato la quota 96 entro il 2012 ma risultando disoccupati al 28 dicembre 2011 hanno visto sfumare la pensione a 64 anni (articolo 24 comma 15-bis del Dl 201/2011). Un punto sul quale ci potrebbe essere una apertura dal parte del Ministero del Lavoro e dell'Inps nei prossimi tempi.
Secondo Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro alla Camera, la revisione della Legge Fornero è un tema ormai ineludibile. "La prima sicurezza da fornire ai cittadini è che il nostro sistema pensionistico non solo è solido, ma è il più sostenibile d’Europa: nel Def il Governo chiarisce che le riforme del 2004, 2007 e 2011, porteranno da qui al 2050 ad un risparmio sulle pensioni di 60 punti di Pil, pari a 900 miliardi di euro, vale a dire quasi la metà del debito pubblico. A questo incredibile risultato, poco noto, dobbiamo sommare gli effetti positivi della legge Dini del ’95″ ricorda Cesare Damiano.
“Se qualcuno – prosegue – dovesse ancora sostenere che dobbiamo tagliare le pensioni, propongo che venga almeno proposto per gli arresti domiciliari. Noi vorremmo che Governo e Inps informassero invece i lavoratori dei settori privati nati nel ’52 che, con 64 anni di età, possono andare in pensione anticipata e che fosse rivisto il meccanismo dell’aspettativa di vita almeno per chi, gli assunti dal 1996, avrà il calcolo della pensione con il meccanismo contributivo puro, perché non ha senso imporre due vincoli all’uscita dal lavoro (età e importo dell’assegno pensionistico) a chi avrà una pensione corrispondente ai contributi versati”. “Gli errori delle leggi e delle circolari – spiega Damiano – vanno corretti e non utilizzati come una clava minacciosa nei confronti dei lavoratori indifesi, soprattutto di quelli più giovani”. “L’enorme montagna di risparmi sulla previdenza che si sono già realizzati e che si realizzeranno, consentono di restituirne una quota alle pensioni per correggere e non per cancellare l’attuale sistema, al fine di renderlo più flessibile e socialmente sostenibile”, conclude.