Il progetto dell'esecutivo conferma da un lato i suddetti requisiti contributivi previsti dalla riforma del 2011 ed abbina un ulteriore canale di uscita a 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, nei confronti di quei soggetti che hanno lavorato prima dei 19 anni (dunque tra il 14° ed il 18° anno compreso), per almeno di 12 mesi in modo effettivo (cioè con esclusione della contribuzione figurativa, volontaria o da riscatto), anche non continuativi. Dunque con uno sconto potenziale pari a 10 mesi per le donne e di un anno e 10 mesi per gli uomini. Non solo. Per poter entrare nella cd. quota 41 il lavoratore dovrà appartenere ad almeno uno dei tre seguenti profili: a) risulti ancora disoccupato al termine della fruizione degli ammortizzatori sociali (es. dopo la Naspi o l'indennità di mobilità); b) versa in condizioni di salute che determinano una disabilità; c) risulti occupato in alcune attività particolarmente gravose, attività che dovranno essere individuate in un ulteriore round di confronto tra governo e parti sindacali.
Per definire le attività gravose di cui al punto c) l'accordo quadro fa riferimento a tre criteri di massima: (i) l’attuale normativa che indica le attività usuranti e in particolare il decreto legislativo 67 del 2011 (si veda infra); (ii) l’analisi delle mansioni per le quali, sulla base della normativa italiana e delle analisi scientifiche internazionali, si sono rivelati più alti i rischi di “stress lavoro correlato” (istituto previsto a livello europeo e recepito in Italia nel 2008); (iii) nei limiti della disponibilità dei dati, una verifica degli indici infortunistici e di malattie professionali in funzione del crescere dell’età anagrafica.
La tavola seguente illustra le modifiche per l'accesso alla pensione anticipata in base a quanto stabilito nel verbale quadro siglato il 28 Settembre 2016 con i sindacati.
Il richiamo ai criteri di cui al Dlgs 67/2011, al punto (i) dovrebbe peraltro valere a ricomprendere nell'agevolazione della quota 41 quelle quattro macro-categorie di soggetti che già attualmente godono della disciplina di pensionamento di favore prevista dal suddetto decreto. E cioè i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all'articolo 2 del decreto del ministero del lavoro del 19 Maggio 1999; i lavoratori notturni che prestano lo loro attività nel periodo notturno per almeno 6 ore per un numero minimo di giorni lavorativi all'anno non inferiore a 64; o per i lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo; i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro indicati nell'elenco n. 1 contenuto nell'allegato 1 allo stesso dlgs 67/2011; i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.
Da segnalare tra l'altro che, il combinato effetto del Dlgs 67/2011 con la modifica appena esposta, consentirà a questi quattro gruppi di lavoratori di accedere alla pensione o con il perfezionamento dei requisiti di pensionamento agevolato previsti dal Dlgs 67/2011 (cioè ad esempio con 61 anni e 7 mesi di età e 36 anni di contributi) oppure con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica sempre che abbiano lavorato almeno 12 mesi effettivi prima del 19° anno di età.
Oltre alla quota 41 l'accordo quadro prevede, finalmente, l'eliminazione della penalizzazione sulle uscite anticipate prima del 62° anno di età che, a legislazione vigente, sarebbe dovuta ritornare dal 2018. Non si prevede, invece, almeno per ora alcun rallentamento dell'adeguamento del requisito contributivo alla speranza di vita: pertanto dal 2019 i requisiti continueranno a subire l'adeguamento demografico Istat.