L'intervento, tuttavia, sarà di portata più limitata rispetto a quanto si possa immaginare dato che il progetto dell'esecutivo intende riconoscere un bonus solo ai precoci "veri", cioè coloro che hanno lavorato prima della maggiore età, tra i 14 e 18 anni, attribuendogli una maggiorazione convenzionale dell'anzianità contributiva sino al 50%. Cioè sino a sei mesi per ogni anno lavorato nella minore età. Vale a dire che se si è lavorato 2 anni nella minore età viene riconosciuto un bonus, uno sconto, di un anno di contributi; se gli anni lavorati sono quattro la maggiorazione diventa di due anni. Se questo sarà il punto d'arrivo è chiaro che chi ha iniziato a lavorare dopo la maggiore età in modo continuativo avrà ben poco da guadagnarci. In definitiva chi ha svolto quattro anni di lavoro minorile potrà avvantaggiarsi di un'uscita a 40 anni e 10 mesi di contributi (39 anni e 10 mesi le donne); chi ha svolto due anni di lavoro minorile potrà uscire a 41 anni e 10 mesi di contributi (40 anni e 10 mesi le donne); mentre chi ha iniziato a lavorare in modo continuativo dopo il 18° anno di età resterà fuori dal beneficio e dovrà raggiungere i requisiti contributivi standard (42 anni e 10 mesi gli uomini, 41 anni e 10 mesi le donne). Questo nell'ipotesi migliore. Perchè il bonus potrebbe essere anche minore: invece di sei mesi potrebbe essere anche di soli due mesi per ogni anno di lavoro nella minore età.
Per ovviare ai limiti di questa misura, che restringerebbe di molto la platea degli interessati, il bonus però potrebbe essere calibrato diversamente, come suggeriscono i sindacati, attribuendo due anni di sconto a coloro che hanno raggranellato 40 anni di contribuzione effettiva da lavoro (cioè escludendo ad es. il riscatto) a prescindere dalla data in cui sono concentrati i primi versamenti contributivi. Una misura più equa ma più costosa per le Casse dello Stato. Molto più difficile, almeno per ora, il riconoscimento della quota 41 per tutti come chiede la Cgil e la minoranza dem. Ad ogni modo solo il confronto politico potrà dissipare i dubbi ed indicare la strada che sarà imboccata. Da segnalare che oltre allo sconto contributivo tra le misure al vaglio del tavolo politico c'è l'eliminazione della penalità sulle uscite anticipate prima del 62° anno di età che, a legislazione vigente, torneranno dal 2018 ed un rallentamento dell'adeguamento del requisito contributivo alla speranza di vita con la fissazione di un tetto massimo (sui 43 anni di contributi) oltre il quale non si potrà andare.
Poi c'è l'altra grana: la richiesta dell'Ue di parificare il requisito contributivo per la pensione anticipata sia per le donne che per gli uomini. Una richiesta che può essere rispettata solo innalzando di un anno il requisito attuale previsto per le donne o abbassando di un anno quello degli uomini.