L'esperto Risponde

La rubrica di consulenza ai lettori sulle principali questioni previdenziali

La salvaguardia pensionistica non cancella la pensione supplementare

La salvaguardia pensionistica non cancella la pensione supplementare

Franco Rossini 14/07/2022 Previdenza

I pensionati titolari di una pensione in regime di salvaguardia possono conseguire una pensione aggiuntiva sulla base dei contributi versati dopo il pensionamento o per l'attività professionale eventualmente svolta con iscrizione alla cassa professionale.


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Con la collaborazione di

Franco Rossini
Consulente con specializzazione in diritto del lavoro e della previdenza

Bruno Benelli
Collaboratore Confals e autore di numerosi saggi ed approfondimenti in materia previdenziale.

Carmine Diotallevi
Formatore Spi Cgil, ex dipendente Inpdap con pluriennale esperienza sulle previdenza del pubblico impiego

Dario Seghieri
Esperto in previdenza sociale, da anni autore di libri e di articoli su diversi siti web di settore.

Rossini V

Rossini V

Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

Volevo sapere se è possibile riscattare alcuni periodi non lavorati intercorrenti tra il 1975 e il 1977 prima della mia assunzione come lavoratore dipendente privato. Preciso che tali periodi non sono stati coperti da alcuna assicurazione previdenziale. GianFranco

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Si ricorda che possono formare oggetto di riscatto i periodi di lavoro non coperti, inframezzati ad attività discontinue, saltuarie o stagionali, ma solo se successivi al 31 dicembre 1996 (Dlgs 564/1996). Per i periodi precedenti, il riscatto e ammissibile solo se si riferisce ad un'attività lavorativa non coperta, cioè per la quale non sono stati versati i contributi. Nel caso del lettore si ritiene solo possibile coprire i periodi passati, se riferiti a studi universitari conclusi attraverso il riscatto della laurea.


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La riforma pensionistica del 2011 ha abolito il sistema delle pensioni di anzianità e delle quote e le finestre mobili. Ma i lavoratori salvaguardati continuano a dover fare i conti con il vecchio e problematico sistema di pensionamento.

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Sono tanti i quesiti dei lettori che ci chiedono quali sono le modalità di accesso alla pensione con specifico riguardo ai lavoratori salvaguardati. La stratificazione delle Riforme che si sono susseguite in questi ultimi anni ed un cantiere sempre aperto su questo tema infatti non fanno altro che alimentare incertezze e dubbi. Vediamo dunque in questo articolo di riassumere le modalità di pensionamento a cui sono soggetti.

Prima di tutto va fatta una premessa. Le regole riguardanti il pensionamento sono state modificate dal 1° Gennaio 2012 con la Riforma del Dl 201/2011 (che ha abolito le pensioni di anzianità e disapplicato le finestre mobili) ma gli oltre 130 mila lavoratori che sono rientrati o che rientreranno nella categoria dei "salvaguardati" nei prossimi tempi manterranno le vecchie regole, piu' favorevoli. Quelle vigenti sino al 31.12.2011. Si tratta dunque di una deroga, un'eccezione, che viene riconosciuta ai lavoratori che si trovano in condizione di fragilità economica e sociale. 

Gli interessati hanno infatti lasciato (o perso) il posto di lavoro prima del 31.12.2011; e per costoro l'allungamento dell'età pensionabile disposta con il Dl 201/2011 avrebbe comportato anni di vuoto economico insostenibile. Il beneficio tuttavia è riconosciuto non tout court ma solo in favore dei soggetti che, in base alle vecchie norme, erano piu' prossimi alla pensione (qui gli ulteriori dettagli sulle categorie ammesse in base a ciascuna salvaguardia).

Dato che in favore di questi soggetti rivive la vecchia disciplina pensionistica appare utile avere ben chiare le sue regole per comprendere quando si potrà andare in pensione.

Vediamo prima di tutto le regole per l'accesso alla pensione di anzianità per il periodo 2012-2019, termine entro il quale la maggior parte dei salvaguardati maturerà la pensione.

Dipendenti - La vecchia normativa vede il mantenimento delle cd. quote. Le quote sono determinate dalla somma dell'età del lavoratore e dei contributi maturati. Per i dipendenti pubblici e privati (uomini e donne) nel 2012 i requisiti da perfezionare sono quota "96" con un minimo di 60 anni e 35 di contributi. Quindi per accedere alla pensione di anzianità si possono far valere 60 anni e 36 anni di contributi oppure 61 anni e 35 anni di versamenti. Dal 1° gennaio del 2013 i requisiti si alzano di un anno e vengono anche adeguati alla stima di vita Istat (3 mesi).

Pertanto da questa data in poi, è necessario raggiungere quota "97,3", con un'età minima di 61 anni e 3 mesi ed almeno 35 di contributi. Dal 2016 in poi ci sarà un ulteriore adeguamento alla stima di vita Istat pari, è ancora una stima non ufficiale, a 4 mesi. Da questa data in poi sarà dunque necessario perfezionare quota 97,7 ed un'età minima di 61 anni e 7 mesi di età (oltre a 35 anni di contributi).

Ad esempio un lavoratore salvaguardato nato nel gennaio 1953 che può vantare 36 anni di contributi a gennaio 2014 maturerà i requisiti per la pensione di anzianità nell'Aprile 2014: per quella data avrà infatti 61 anni e 3 mesi di età e la somma età e contributi supererà quota 97,3 (36+61 e 3 mesi = 97,3). 

Gli autonomi - Le stesse regole valgono anche per artigiani, commercianti e agricoltori per i quali le quote sono però più alte (96, 97 e 98) e comportano un'età minima più alta di un anno. Quindi nel 2012 sono necessari 61 anni e quota 97 (ed almeno 35 di contributi); nel triennio 2013-2016 diventano "98,3" e 62 anni e 3 mesi di età; e dal 2016 salgono a "98,7" e 62 anni e 7 mesi di età.

Per tutto il periodo 2012-2019 resta sempre possibile accedere alla pensione di anzianità, indipendentemente dall'età anagrafica, con i 40 anni di contributi (2080 settimane), si tratta dei cd. "quarantisti" che possono pertanto accedere alla pensione anche con età inferiori a 60 anni e senza alcuna penalità a condizione però di aver raggiunto il solo requisito contributivo.

Il raggiungimento della quota per la pensione di anzianità è facilitato dal fatto che si tiene conto anche delle frazioni di età e di contribuzione, fermo restando che complessivamente quest'ultima non può essere inferiore a 35 anni. Supponiamo, tanto per fare un esempio, che un lavoratore dipendente possa far valere al 31 luglio 2012 60 anni e 6 mesi di età e una contribuzione di 35 anni e 6 mesi. In questo caso matura alla stessa data (31 luglio 2012 ) il requisito per la pensione di anzianità con la quota "96". Il conteggio sarà effettuato in modo tale da utilizzare anche le frazioni minime con arrotondamenti fino al terzo decimale sia dell'età che dell'anzianità contributiva. Per il raggiungimento di una determinata quota non si potrà utilizzare, però, la contribuzione figurativa per disoccupazione e malattia. Fermo restando che gli stessi periodi saranno considerati utili per maturare i 40 anni di contribuzione, sempre che senza di essi si raggiunga la soglia minima dei 35 anni.

Pensione di vecchiaia - Piu' semplici invece le regole per la pensione di vecchiaia. Gli uomini del settore privato e pubblico e le donne del settore pubblico accedono alla prestazione di vecchiaia con 65 anni e 20 di contributi dal 2012 che salgono a 65 anni e 3 mesi dal 2013 e passano a 65 anni e 7 mesi dal 2016. L'incremento è sempre legato alla stima di vita che com'è già detto è di 3 mesi nel 2013 e di 4 mesi nel 2016. Scalini molto piu' ripidi per le donne del settore privato che all'indomani dell'approvazione della legge 111/2011 avrebbero dovuto dal 2014 scontare il lento e progressivo adeguamento dell'età pensionabile a quella degli uomini. Questi infatti i requisiti per la vecchiaia: 60 anni nel 2012; 60 anni e 3 mesi nel 2013; 60 anni e 4 mesi nal 2014; 60 anni e 6 mesi nel 2015; 61 anni ed un mese nel 2016; 61 anni e 5 mesi nel 2017; 61 anni e 10 mesi nel 2018 e 62 anni e 8 mesi nel 2019.

Le finestre mobili - Con la vecchia disciplina restano in vigore anche le finestre mobili introdotte con il Dl 78/2010. Per i lavoratori dipendenti sono pari a 12 mesi dalla data di maturazione del requisito; per gli autonomi sono invece pari a 18 mesi. Ancora piu' lunghe quelle per i quarantisti che dal 2012 scontano un differimento di un mese, di due mesi dal 2013 e di tre mesi dal 2014.

La complessità della normativa previgente può essere chiarita dalle seguenti tabelle.

P. Anzianità (quote) Lavoratori dipendenti Lavoratori Autonomi
Anno Età* Contributi* Quota Età* Contributi* Quota
2011-2012 60 35 96 61 35 97
2013-2015 61 anni e 3 mesi 35 97,3 62 anni e 3mesi 35 98,3
2016-2018 61 anni e 7 mesi 35 97,7 62 anni e 7 mesi 35 98,7
dal 2019 61 anni e 11 mesi 35 98,1 62 anni e 11 mesi 35 99,1
Finestra 12 mesi 18 mesi

* Valori al di sotto dei quali non è possibile scendere. Cio' significa che la quota può essere raggiunta tramite la somma di 61 anni e 35 contributi oppure 60 anni e 36 contributi. Ma non tramite la somma di 59 anni e 37 o 62 anni e 34 di contributi.

Pensione di Anzianità (40 anni  di contributi)
Tipologia Requisito contributivo 2012-2019 Finestra 2012 Finestra 2013 Finestra 2014 in poi
Dipendenti 40 anni 13 mesi 14 mesi 15 mesi
Autonomi 40 anni 19 mesi 20 mesi 21 mesi

Pensione di vecchiaia Uomini e Donne Pubblico Impiego Donne settore Privato
2012 65 anni 60 anni
2013 65 anni e 3 mesi 60 anni e 3 mesi
2014 65 anni e 3 mesi 60 anni e 4 mesi
2015 65 anni e 3 mesi 60 anni e 6 mesi
2016 65 anni e 7 mesi 61 anni ed 1 mese
2017 65 anni e 7 mesi 61 anni e 5 mesi
2018 65 anni e 7 mesi 61 anni e 10 mesi
2019 65 anni e 11 mesi 62 anni e 8 mesi
Finestra 12 mesi

Sono un dipendente del Comune di Nocera Inferiore, del settore dirigenziale. Volevo sapere se posso continuare a rimanere in servizio sino a 70 anni fruendo della nuova disciplina. Amedeo

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Il problema relativo ai limiti massimi per la permanenza in servizio è da molto tempo un tema caldo.

II dipartimento della Funzione Pubblica (nel gennaio 2014), infatti è tornato sulla questione facendo riferimento alla nota del 22 gennaio 2014 -protocollo n.4869 - con la quale un Comune ha chiesto chiarimenti circa l'interpretazione della disposizione contenuta nell'articolo 2 - comma 4 - del Dl 102/2013, convertito in legge 125/2013.

L'articolo prevede: «L'articolo 24 - comma 3 - primo periodo del Dlg 6 dicembre 2011 - n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214,  si interpreta nel senso che il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011, comporta obbligatoriamente l'applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all'entrata in vigore del predetto articolo 24».

La disposizione chiarisce dunque che quando il dipendente pubblico abbia conseguito un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 (raggiungendo per esempio i requisiti per la vecchiaia o per il vecchio trattamento di anzianità con la quota 96), è obbligatoriamente soggetto al regime dei requisiti e delle decorrenze previgente rispetto all'introduzione della riforma Fornero.

Si ricorda che chi è soggetto alle vecchie regole sconta anche la finestra mobile vigente prima della riforma Fornero. Dunque il dipendente in questione non può chiedere di accedere al nuovo regime. Il dipendente, quindi, che ha maturato un diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011, ma che non ha ancora raggiunto il limite di età ordinamentale per la permanenza in servizio di cui all'articolo 4, del Dpr 1092 del 1973, (65 anni), è titolare di un diritto che può o meno decidere di esercitare.

L'amministrazione, in tal caso, è tenuta ad accogliere l'istanza del dipendente che faccia richiesta di essere collocato a riposo in virtù del diritto conseguito prima dei 65 anni di eta. Se il dipendente soggetto al regime previgente non esercita tale diritto, l'amministrazione sarà obbligata a collocarlo a riposo al compimento dei 65 anni di eta, salvo la concessione del trattenimento in servizio per un biennio di cui all'articolo 16 del Dlgs n.503 del 1992, in presenza di tutti i presupposti di legge.


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Il Decreto interministeriale Lavoro-Economia riguardante le modalità di fruizione della 5° salvaguardia di cui alla legge di stabilità 2014 non è stato ancora pubblicato.

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Ancora nulla di fatto per i lavoratori interessati alla 5° salvaguardia contenuta nella legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 191 e ss. legge 147/2013).

Del relativo decreto attuativo che doveva essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro 60 giorni dall'entrata in vigore della citata legge non c'è traccia nonostante nelle settimane scorse il provvedimento sia stato inviato alla Corte dei Conti per la registrazione.

Il provvedimento secondo Bruno Palmieri, del Patronato Inca, è importante perchè "se da un lato non elimina il vincolo temporale della decorrenza, che resta fissata al 6 Gennaio 2015, dall'altro ha abrogato il vincolo reddituale per i prosecutori volontari, per i cessati dal servizio a seguito di accordi con il datore e per coloro che hanno risolto unilaterlamente il rapporto. Molti lavoratori infatti non hanno potuto beneficiare delle precedenti salvaguardie poichè avevano conseguito un reddito annuo lordo superiore a 7.500 euro".

Piu' in dettaglio le misure contenute nella quinta salvaguardia concederanno la possibilità di mantenere salve le regole pensionistiche vigenti prima dell'entrata in vigore della Riforma Fornero (Dl 201/2011) a 23 mila soggetti individuabili in due macro-categorie. 

Da un lato viene infatti ampliato, con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013, di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicem­bre 2011, con almeno un contributo vo­lontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pen­sione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.

Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, è quello piu' importante perchè aggiunge nuove fattispecie di lavoratori ammessi in salvaguardia (art. 1, commi 194-198, legge 147/2013); si tratta evidentemente di soggetti che per via dei precedenti paletti non hanno potuto accedervi. 

L'intervento del legislatore è stato caratterizzato - in questa salvaguardia - dalla circostanza di aver eliminato il limite reddituale di 7.500 euro - per i prosecutori volontari, cessati dal servizio con accordi e lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro - e nell'aver aperto alla possibilità - per i lavoratori in mobilità ordinaria che non riescono a perfezionare i requisiti per la pensione entro la fruizione della relativa indennità - di mantenere la salvaguardia qualora entro sei mesi dal termine dell'indennità di mobilità riescano a perfezionare, tramite contribuzione volontaria, i requisiti per la pensione.

In ogni caso tuttavia resta la condizione - per essere ammessi al beneficio - che la decorrenza della prestazione pensionistica avvenga entro il 6.1.2015 e viene questa volta specificato che il primo pagamento della pensione non potrà avere decorrenza anteriore al 1° Gennaio 2014 (comma 195). La specificazione sembra significare pertanto che chi avrebbe dovuto conseguire la pensione prima di tale data perderà le relative mensilità.

Ai sensi di quanto indicato nella legge di stabilità i lavoratori che potranno fruire della quinta salvaguardia sono:

a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

e) i lavoratori collocati in mobilita' ordinaria alla data del 4 dicembre 2011 e autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione successivamente alla predetta data, che, entro sei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennita' di mobilita' di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, perfezionino, mediante il versamento di contributi volontari, i requisiti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011;

f) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

La pubblicazione del Dm interministeriale dovrà chiarire le modalità di ammisisone al beneficio e i termini per l'eventuale presentazione delle istanze di accesso alla Direzioni Territoriali del Lavoro.

Sono una lavoratrice del pubblico impiego nata a Saronno nel 1959 con 34 anni di contributi alla data attuale.Volevo sapere se è possibile riscattare i periodi non lavorati agli inizi del 1980 per innalzare i requisiti contributivi utili per la pensione anticipata. Francesca

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Si ritiene che la risposta sia negativa. E' possibile riscattare periodi non lavorati solo successivi al 31/12/1996. II Dlgs 16 settembre 1996 - n. 564, introduce la possibilità di riscattare determinati periodi in cui l'attività lavorativa è stata interrotta, successivi al 31 dicembre 1996 e non coperti da contribuzione.

Si tratta in particolare del riscatto dei periodi di: a) sospensione o interruzione del rapporto di lavoro; b) formazione professionale, di studio o di ricerca; c) lavori discontinui, stagionali e temporanei; d) part time orizzontale, verticale o ciclico. Questa tipologia di riscatto può essere esercitata in favore dei soggetti iscritti all'assicurazione generale obbligatoria Inps o a una forma di previdenza sostitutiva o esclusiva (Stato, Inpdap etc).

Inoltre tutti i periodi che possono formare oggetto di riscatto si devono collocare in epoca successiva al 31 dicembre 1996; non vengono stabiliti requisiti minimi di contribuzione per l'esercizio della facolta di riscatto (è sufficiente quindi, la sola iscrizione al fondo previdenziale); il riscatto è esercitabile senza limiti di tempo a domanda dell'interessato e si perfeziona con il versamento dell'onere a suo carico.


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